La leopardata
La leopardata è una che arriva in spiaggia con un bikini ridottissimo tutto disegnato a pelle di leopardo. E’ molto bella, ferina e misteriosa, del genere:ce l’ho solo io sola e la do a chi mi pare, e passa in mezzo agli ombrelloni come se venisse giù da Trinità dei Monti tipo Donna sotto le Stelle. L’attaccatura delle cosce, abbronzatissime, è a quota +15 sul livello del Bergonzi,che la sbircia di sotto in su quando gli passa vicino e gorgoglia a lungo tipo water guasto;ella possiede altresì puppe altissime che arrembano verso il cielo,irraggiungibili come noci di cocco in cima alla palma. Sulle sgomentevoli chiappe gli slippini maculati sembrano due pantere che fanno a testate al ritmo d’inquietanti tam tam, risvegliando il pur modesto Tarzan che è in tutti noi. Ma la leopardata non dà confidenza a nessuno salvo che al bagnino, il quale,servile come un eunuco, le allestisce l’ombrellone di proscenio, quasi sul bagnasciuga;e quivi ella s’introna come un’antica regina etiope e s’abbandona alla lettura di romanzi a fumetti. Fascino, magia ed esotismo svaniscono di schianto quando un certo Cicci la chiama al cellulare che le pende sul fianco come una daga e allora:<<Popò di bu’aiolo, a quest’ora tu mi ‘iami>> si sente sbraitare da quella feroce bocca,<<accident’a te e alla majalissima di to’mae … la mi son bell’e rotta i ‘oglioni ha ‘apito … vàttela a pigliare ‘n … >> Il che impietosamente la rivela indigena delle remote terre dell’hinderland fiorentino. Là, a ovest di Paperino.