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SPIRITO

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MessaggioTitolo: ...uimmèna...   ...uimmèna... Icon_minitimeVen Apr 17 2009, 23:48

Uimmèna

Esclamazione di sgomento e paura, con numerosi usi subordinati tra cui meraviglia, compatimento e talora ironico apprezzamento per alcunché, di larga diffusione in ambito labronico.
Essa è indubbia alterazione dell'originario « ohimè » con il quale si esprimeva genericamente autocompassione per le proprie sventure o per la propria condizione, essendo composta dal lamento di dolore « oh » e dal pronome personale «me»; della medesima famiglia sono altre ed analoghe locuzioni, quali « ahimè », «ahinoi», « ahilui » etc.
D'altro stampo, anche secondo la migliore esegèsi anglosassone, sono iterazioni come «ohiohi », tipiche della querimonia continua ed insistente «like my mother-in-law does, when she is complaining about her back's pains, and in this way she makes me a pair of balls...» (come la mi' sòcera quando si lamenta della lombaggine e mi fa un paio di palle...) (cfr. Sir MORTIMER SCARPELLINI-MOUNTBATTEN, My mother-in-law, that very big breaker of cowlions, Ed. Fumo di Londra, Frascati 1966).
Non si può invece passar sotto silenzio l'ardua tesi dell'insigne grecista Pompeo Fruso Frusone, già titolare della Cattedra di Storia della Macedonia di frutta presso l'università di Salonicco, il quale individua l'origine della locuzione nell'invocazione « o Imène... » effettuata in occasione delle feste nuziali nell'antica Grecia; in tal guisa veniva implorata da una piccola folla di parenti ed amici la divinità che presiedeva all'atto della deflorazione attraverso il quale si sanciva il patto matrimoniale.
L'usanza di far voti per una fausta celebrazione della copula, persiste - afferma il Fruso Frusone - nel costume di numerose comunità primitive e tuttora, nel piano di Pisa, presso alcune tribù dedite al culto pagano delle cooperative vige la consuetudine, durante il banchetto di nozze, di rivolgere alla sposa, accompagnandola con il gesto rituale della mano che reiteratamente spinge verso il basso, la simpatica strofetta augurale: « Gira, gira pe' la 'ambera, tanto stasera tocca a te a ingollillo...! », probabilmente desunta dal frammento d'un epitalamo di sicura ispirazione archilochèa: « ...volgiti pure intorno alle pareti della stanza nuziale, che al fine fatalmente dovrai cedere alla penetrazione da parte del tuo amato...».
Non a caso il lèmma in oggetto è ricordato dal Marangoni che lo riferisce all'esclamazione di finto smarrimento e compiacente meraviglia tipica delle prostitute della regione delle Ardenne (o dell'Ardenza) dopo una rapida tastata al membro virile dei propri clienti: «Uimmèna, bimbo, che popò d'uccello...», con la quale erano solite incoraggiare le prestazioni dei medesimi laddove, timidi ed impacciati, costoro minacciassero di non procedere al congresso carnale mercenario (cfr. MARANGONE MARANGONI, Cazzi a mazzi, Pechino 1961).
Le occasioni d'uso sono altresì molteplici: il Guarguaglini-Tavazza racconta d'aver udito l'allocuzione: «Uimmèna, Alfreda, che rottura di 'oglioni...» pronunziata più volte dal nonno, il marchese Ennio Guarguaglini-Tavazza nei confronti della moglie che lo rimproverava d'essere sceso in ritardo per la cena; il Brustolotti, poi, non nasconde che, durante la sua infanzia, la madre gli rivolgeva spesso la frase: « Uimmèna, Adelmo, risiamo senza vino... » invitandolo indirettamente a recarsi alla fiaschetteria sotto casa dove c'era un chiodo di oltre duecentomila lire; ma senza dubbio la testimonianza più pregnante e significativa ci proviene dalla drammatica esperienza del giovane Athos Peccianti che, nel corso d'un campeggio all'Abetone, mentre riposava nel sacco a pelo insieme a tale signorina Mirka Lonzi, udì con sgomento la compagna emettere un fragoroso péto, seguito dal flebile lamento: « Uimmèna, Atosse, mi sono caàta addosso...! ».
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